Articolo tratto da MAT2020 di gennaio 2013
Incontro con Fabio Zuffanti
Iperattività non significa automaticamente efficacia…
molteplicità di progetti non è garanzia di qualità… critica ad un sistema in
cui si è scelto di navigare per la vita sembrerebbe poco saggio. Chissà quanti
nemici si è fatto Fabio Zuffanti nell’ultimo
quadrimestre! E chissà quanti amici si è fatto!
Non voglio in questa sede parlare del suo book di
denuncia “o Casta Musica”, su quell’argomento mi sono pubblicamente
espresso a caldo, ventiquattrore dopo averlo letto, replicando poi in occasioni
successive. Però, conoscendo a poco a poco Fabio, mi sono fatto l’idea che ogni
sei mesi occorrerebbe … interrogarlo, e certamente salterebbero fuori cose che
all’appuntamento precedente non esistevano minimante, e inoltre molto diverse tra loro, in bilico tra Maschera di Cera, Finisterre, Hostsonaten… e chissà cos’altro.
Mi sono innamorato di “The Rime…”, e spero vivamente di poter essere presente il 16 dicembre
alla rappresentazione live, al Teatro Verdi di Genova. Ma Hostsonaten
è solo una delle tante facce di Fabio Zuffanti, inventore di nuove
situazioni in ristretti spazi temporali.
A Fabio sta stretta la nicchia, ma vive di prog, che
quasi autocelebra la propria dimensione di elite. Io sono realmente convinto
che lo sforzo da compiere sia quello di trovare la giusta direzione ed un mezzo adatto alla diffusione, e una volta
trovate queste condizioni, al cospetto di certa musica, i giovani sensibili,
che probabilmente sono la maggioranza, potrebbe riconsiderare il loro
contenitore musicale, immaginandolo pieno di tante cose, tutte interessanti, da
utilizzare in momenti diversi, a seconda dello stato d’animo. Discorso lungo,
certamente non retorico, e MAT2020 viaggia in quella direzione.
Ma facciamo il punto con Fabio…
Ci siamo lasciati sul palco in Val
Curone, a fine luglio scorso, parlando del tuo book di denuncia, “O Casta
Musica”. Me ne racconti l’evoluzione, sia dal punto di vista dei commenti che
da quello delle vendite?
Il
libro è uscito nelle librerie solo da poche settimane quindi forse è ancora un
po' prematuro tirare le somme, sopratutto a livello di vendite (anche se le
prime 100 copie in anteprima messe in vendita lo scorso Giugno si sono
volatilizzate in poco tempo). Posso però dire che almeno l'80% delle recensioni
fin qui uscite è più che ottimo, che ci sono chiaramente alcune lecite critiche
e che attendo le varie presentazioni che l'editore sta cercando di organizzare
in giro per l'Italia per tastare il polso della situazione e capire se i miei
discorsi hanno suscitato riflessioni positive o solo fastidio.
Torno ancora un attimo al passato. Era
il mese di maggio quando presentammo assieme il tuo ultimo progetto
“Hostsonaten”, l’album “The Rime of the Ancient Mariner”. Che tipo di impatto
ha avuto sul pubblico?
Il
cd è stato un grande successo, a livello di vendite e critica. “The rime of the ancient mariner” è un disco d'impatto che
contiene molte bellissime voci, una musica dalla forte componente emotiva e
probabilmente ha un suo particolare appeal anche a livello “commerciale” (se è
lecito usare tale termine nel mondo del rock progressivo). A parte i riscontri
io sono più che soddisfatto e felice della scelta intrapresa; credo che un
altro disco strumentale “modello 4 stagioni” non avrebbe rappresentato nessuna
evoluzione. In questo modo invece ho fatto un passo indietro (come sai la prima
versione di due pezzi di “The rime...”
risale a metà anni novanta) per
compierne due in avanti, a tutti i livelli. Realizzato il disco avevo un gran
voglia di portalo dal vivo ma invece di lanciarmi in situazioni (tipo locali et
similia) che poco avrebbero avuto a che fare con l'impatto e la teatralità che
il lavoro richiede ho preferito attendere un attimo ulteriori sviluppi e per
intanto concentrarmi su una serie di presentazioni in semi-acustico di parte
del lavoro. Abbiamo realizzato quindi tre di questi showcase a Savona, Genova e
Milano con ottimi risultati.
Mi parli del concerto del prossimo 16
dicembre, targato “Hostsonaten”, e del
progetto DVD?
Come
ti ho appena detto ho preferito non lanciarmi in concerti veri e propri e
attendere la giusta situazione per presentare “The rime...” in una veste adeguata. L'occasione è arrivata tramite
Susanna Tagliapietra, regista teatrale genovese impegnata spesso in musical di
successo (Aida, Jesus Christ Superstar, ecc...) che conosco da anni ma con la
quale non era mai capitato di potere collaborare. L'occasione di “The rime...” ha fornito lo spunto per
mettersi a tavolino e cercare insieme un incontro tra la musica e il teatro
nella rappresentazione dell'opera poetica di Coleridge. Tramite Susanna abbiamo
proposto il lavoro a un ottimo teatro genovese (il Verdi di Sestri Ponente) che
ha gradito il progetto e lo ha messo in cartellone per il prossimo 16 dicembre
(qui si può vedere la pagina del teatro dedicata a “The rime....”:
http://www.teatroverdigenova.it/teatro/stagione/tutta-la-stagione/23-musical/141-t-m).
In queste settimane stiamo allestendo quindi il tutto e Il 16 dicembre alle ore
16 lo proporremo con musica dal vivo, videoproiezioni, scenografie, danza e
teatro. Il disco sarà inoltre in alcune parti riarrangiato e arricchito di
nuovi interventi musicali. Sono molto emozionato dalla cosa e spero che il
pubblico ci supporti riempiendo il teatro. Dopo “Merlin – The rock opera” del
2000 avevo voglia di misurarmi con un nuovo progetto musical-teatrale e lo
spunto è stato quello giusto. A differenza di “Merlin”, del quale
sfortunatamente non esistono filmati professionali (mio grande cruccio al quale
un giorno vorrei rimediare), in questo caso mi sono attrezzato da subito perché
la rappresentazione (per ora unica, per il
futuro vedremo se ci saranno proposte) sia ripresa professionalmente e
registrata per far si che dalla serata possa scaturire un DVD ufficiale.
Tra le tue molteplici attività, che
conduci in parallelo, ce n’è una importante
relativa a “La Maschera di Cera”. Pare ci siano grosse novità in
proposito. Mi racconti qualcosa?
Beh, sì, per quello che riguarda MDC stiamo per varare un
progetto molto importante, forse il più importante della nostra carriera.
Purtroppo al momento non posso fornire maggiori dettagli, ma il nuovo album
sarà una sorta di summa del lavoro degli ultimi dieci anni e rappresenta il
nostro totale - e forse definitivo - omaggio alla stagione dorata del prog italiano.
L'unica particolarità che posso anticiparti è
che del disco sarà disponibile un'edizione cantata in italiano e una in
inglese, cosa mai sperimentata prima dalla MDC, ma che ci ha dato grandi
soddisfazioni.
All’interno del tuo sito si evidenzia
un coinvolgimento come direttore
artistico della Mirror Records, me ne puoi parlare?
Mirror
è parte del gruppo di etichette facenti capo a BTF e fin'ora si è occupata di
ristampare alcuni cd che vedono il mio coinvolgimento (Hostsonaten
“Mirrorgames” e i primi tre MDC). All'inizio di quest'anno ho ricevuto da BTF
la proposta di occuparmi di Mirror anche in virtù di produzioni di nuove band.
Il mio coinvolgimento è nelle vesti di direttore artistico, ovvero colui che
segue un gruppo sin dal demo che mi viene proposto e che successivamente in
studio di registrazione impartisce direttive nelle scelte dei suoni, del mix e
della produzione generale. Non sono un direttore artistico al quale piace
stravolgere le strutture delle canzoni, piuttosto mi piace indirizzare i gruppi
nella scelta delle atmosfere, evidenziando poi in fase di missaggio le cose che
credo sia giusto vengano a galla. Ho notato negli ultimi anni una gran quantità
di prog un po' fine a se stesso, senza reali guizzi, inventiva o semplicemente
elementi che possano solleticare realmente le emozioni dell'ascoltatore. Nelle
produzioni Mirror cerco di fare uscire dai gruppi tali elementi per far si che
il disco possa essere completo, interessante e sopratutto emozionante. Non solo
un coacervo di cambi di tempo senza capo ne coda. Per il resto il mio
collaboratore Rox Villa nello studio Hilary di Genova si occupa di fornire la
giusta qualità di registrazione (oltre a molti suggerimenti “tecnici”) per
confezionare al meglio il tutto. Le prime due produzioni Mirror saranno il
disco di Oxhuitza, progetto
del chitarrista Luca Bassignani che propone una sorta di
prog-psichedelico-zappiano con influenze fusion e gli Unreal City (che
entreranno in studio a gennaio), fautori di un prog sinfonico “alla vecchia
maniera” pieno di spunti interessanti. Sottolineo una cosa per concludere, sono
ben lieto di ricevere da chiunque del materiale da ascoltare e valutare ma il
mio scopo con Mirror è la produzione di gruppi che vogliano realizzare con il
mio (e di Rox) aiuto il disco da zero, non band che mi propongano un lavoro
finito e da pubblicare. Per quello il mio consiglio è di rivolgersi ad altre
etichette, tutti gli altri possono inviare info e links a
mirror@zuffantiprojects.com
Pochi giorni fa abbiamo assistito ad
una significativa celebrazione dei Genesis, a Genova, con la presenza di Steve
Hackett, e con concerto finale dei Real Dreams del tuo amico Alessandro
Corvaglia, che hanno riproposto la vecchia “scaletta Genesis” di 40° anni fa,
suscitando un certo entusiasmo. Conoscendo il tuo pensiero sulle cover band ti
chiedo… ci sono occasioni - come quella di Genova - in cui un tributo può assolvere con efficacia
a un preciso compito assegnato?
Ripeto
quello che ho detto qualche giorno fa in un'altra intervista; è vero che in
generale sono contrario a questo tipo di espressione musicale ma ci sono cover
band e cover band. Un conto è riproporre il repertorio di Vasco o Ligabue, per
il quale bastano e avanzano gli originali, un conto è fare opera di riscoperta
ed “educazione musicale” tramite la musica di gruppi che per un motivo o
l'altro non sono più in attività. Ben vengano quindi situazioni come quella di
Genova (alla quale ero presente). Certo, se devo proprio dirla tutta, vedere il
teatro strapieno mentre ai concerti di tanti validi nuovi gruppi prog troviamo
50 persone al massimo mi ha messo un poco tristezza. Se tutta la gente che
accorre in ogni luogo si pronunci la parola “Genesis” avesse voglia di seguire
anche il gran numero di gruppi che continua il discorso del rock progressivo
magari le cose sarebbero diverse. Concludo facendo i miei più sentiti
complimenti agli organizzatori che ha messo su un tam-tam promozionale molto
professionale ed efficace, sperando che in futuro abbiano voglia, con le stese
armi pubblicitarie, di organizzare anche eventi meno basati su cover e omaggi.
Partendo dalla tua condivisibile
posizione sviscerata in “O Casta…”, ti sembra che ci siano margini per vedere
un mondo musicale che lentamente cambia, dando più spazio alla qualità e meno
all’apparenza/appartenenza
Non
è semplice, e non solo per questione di discografici, stampa, radio e tv. Il
problema è più profondo ed è nelle persone. Le stesse che magari vanno a vedere
un tributo e poi se ne fregano di tutta la “nuova” ondata progressiva italiana,
come dicevamo prima. Le persone ormai sono assuefatte a considerare importanti
di deafult solo certi gruppi, che magari ascoltavano da giovani oppure hanno
sentito per anni alla radio, e se ne fregano bellamente di andare a cercare
qualcosa di diverso. Questo è lo strapotere pazzesco che determinano radio e
tv. Tutto il grande movimento prog dei primi anni settanta è diventato così
importante in Italia anche perché le poche radio passavano in continuazione LP
interi di formazioni appartenenti al genere, chiaro che così conquisti il cuore
della gente. Ma per le formazioni attuali come si fa? Come si fa a entrare nel
cuore della gente? E non parlo di massa che ascolta Vasco, parlo semplicemente
di quei 300 che riempiono il teatro per vedere Steve Hackett. Radio e tv
passano solo la solita roba, internet non è ancora così potente quindi non se
ne esce. Molto fastidioso l'atteggiamento di chi dice che devi essere fiero di
fare parte di una nicchia, col cavolo! Io vorrei cercare di fare in modo che la
mia musica diventasse importante quanto quella del passato, se me ne danno la
possibilità. Dove è scritto che solo dal 1969 al '74 il prog debba avere avuto
il suo momento di fortuna? Perché le cose non possono tornare? Chi dice che
ormai è una moda passata non ha capito nulla e ha una mentalità limitata alla
porzione di tempo nel quale vive. Ma per fortuna nel il nostro pianeta tante
cose sono arrivate, sparite, tornate, anche a distanza di molto tempo. E ancora
tantissime cose devono cambiare o tornare, non c'è nulla di assoluto o
immodificabile. In base a questo ragionamento nulla vieta che un giorno il prog
non ritorni alla ribalta seriamente ma ci vorrà opera di diffusone da parte dei
media e una mentalità aperta da parte del pubblico per capire che il prog non è
si è fermato agli anni settanta e di compositori bravi quanto e magari anche
più di Tony Banks ce ne sono ancora in giro e tanti altri ne possono nascere.
Analizza la tua storia musicale, dalle
origini ad oggi, e disegna un diagramma delle soddisfazioni … quale il picco
più alto e quale il momento di massima caduta?
Se
diagramma deve essere io lo vedo come una linea che partendo da zero (e per
zero identifico il 1994, anno di uscita del primo Finisterre) si sposta
lentamente, con fatica ma inesorabilmente verso l'alto. Questo per dire che
ogni giorno mi riserva soddisfazioni in più rispetto al giorno prima. Credo di
avere compiuto un cammino, di avere imparato molte cose e che quindi le
soddisfazioni si facciano più concrete anno dopo anno. Tra il 2011 e il 2012,
tanto per parlare di “picco più alto”, ho completato la tetralogia delle
stagioni che avevo iniziato nel 2002, è uscito il mio album solo “La foce del
ladrone” che mi ha fatto conoscere anche presso un pubblico non strettamente
prog, alcune mie musiche sono finite in spot e in trasmissioni televisive, è
uscito “The rime...” che considero una delle mie vette e che ora sta per
debuttare in teatro, “Ombra della sera”, bellissimo esperimento in compagnia di
Mau di Tollo e Ago Macor, il mio primo libro, che per quanto tutt'altro che
perfetto ha gettato un sasso ponendo domande che molti avevano smesso di porsi,
ho assunto le vesti di direttore artistico di un'etichetta, sta per uscire il
nuovo MDC che reputo una bomba assoluta a tutti i livelli... Se vogliamo
parlare di “picchi bassi” dobbiamo andare molto indietro, giusto all'inizio del
diagramma, negli anni tra il 1994 e il 1998, quando ho realizzato, con
Finisterre e Hostsonaten, una serie di dischi che, per quanto tutt'ora molto
apprezzati, continuano a non soddisfarmi a livello di impatto sonoro. Sono
infatti molto attento alla qualità della registrazione dei lavori nei quali
sono coinvolto e quei primi dischi purtroppo non riesco più ad ascoltarli tanto
è il male che mi fanno alle orecchie.
Un paio di mesi fa, un importante
musicista della scena genovese, stabilmente nella capitale da molti anni, mi
raccontava come sia davvero difficile lavorare a Genova, di come sia a volte
impossibile trovare la chiave di accesso per aprire delle porte che in altri
luoghi appaiono aperte. E’ davvero così complicato vivere di musica nella tua
città?
Vivo
a Genova dalla nascita quindi onestamente non sarei in grado di dire se altrove
la situazione è migliore. Certo, Genova è un città difficile da molti punti di
vista ma io ho imparato col tempo a “snobbarla” un po' come lei snobba me. Nel
senso di non dare più di tanto peso al fatto di essere seguito, conosciuto o
considerato a Genova ma muovermi, grazie sopratutto a internet, cercando spazi
altrove. Infatti paradossalmente – ma questo capita a tutti i musicisti della
mia area – sono più conosciuto a Tokyo che non nella mia città. C'è da dire
comunque che la stima nei miei confronti da parte dei miei concittadini non
manca, che conosco molte persone che svolgono una bella attività di promozione
concerti e che quando suono dalle mie parti e non posso dire di trovarmi male.
L'unica cosa che manca è magari un poco di attenzione in più, non tanto per me
ma più che altro per situazioni che esulano dal solito cantautorame (che
comunque non è che se la passi molto meglio del prog al momento) o dalle cover
e tributi. Detto ciò io amo la mia città, amo perdermi nelle sue atmosfere e
nei suoi luoghi incantevoli; tutti i riconoscimenti del caso se devono venire
verranno altrimenti vivrò bene lo stesso.
La descrizione dei tuoi progetti
sembrerebbe annullare la mia solita domanda relativa al futuro immediato, ma…
esiste qualcosa di “enorme”, il vero sogno nel cassetto, che un giorno vorresti
realizzare?
In
tempi recenti sto vivendo in maniera un poco più rilassata ma ho passato gli
ultimi dieci anni pensando quasi unicamente a lavorare alla mia musica, mentre
tante persone mi dicevano puntualmente… “beato
te che nella vita non fai un tubo!”. Zitto, a testa bassa e concentrato.
Con pochissimi soldi in tasca, componendo quasi ogni giorno, facendo dischi su
dischi, da solo o in gruppo, lavorando in studio o davanti al computer per
giornate intere. Cercando contatti, mandando miliardi di email e stando ore in
coda alla posta per spedire tonnellate di pacchettini con cdr e curriculum a
giornali, musicisti, addetti ai lavori e chi più ne ha più ne metta. In tutto
questo tempo ho seguito tre direttive principali: 1. MAI lamentarsi 2. Credere
SEMPRE nelle proprie possibilità 3. Cercare di sopravvivere. Tutto questo per
dirti che non sto aspettando nulla di “enorme”, l'enormità per me è cercare
ogni giorno di andare avanti facendo musica. Tutto quello che di positivo può
venire da questo verrà di conseguenza, se la linea del diagramma continua a
salire.