lunedì 18 febbraio 2013

La Maschera di Cera-Flower Flash e Psycho Praxis al Verdi di Genova

Fotografia di Enrico Rolandi

15 febbraio 2013 dedicato al Prog, a Genova, mentre impazzava il Festival di Sanremo.
Il Teatro Verdi di Sestri Ponente ha infatti ospitato in un colpo solo tre band dalle caratteristiche diverse, dalle esperienze più o meno importanti, ma con in comune l’amore per un genere musicale che significa innanzitutto impegno e passione.
La serata era costruita attorno ad un evento principale, la prima live dell’album de La Maschera di Cera, “Le Porte del Domani”.
Il disco, nonostante sia un “neonato”, sta raccogliendo consensi molto ampi, e per la presentazione ufficiale live Black Widow Records e AMS Records/BTF, organizzatori dell’evento, scelgono il contorno di giovani band dalle grandi potenzialità.
Pubblico numericamente non adeguato all’evento, ma per non aprire la solita e spesso sterile polemica, legata alle attitudini e abitudini dei fruitori della musica - o presunti tali - sorvolerò, evitando ogni tipo di commento. Certo è che la performance di qualsiasi artista ha un’intensità direttamente proporzionale al calore provocato dall’audience, riscaldamento naturale che nell’occasione ha avuto lenta progressione - fatto fisiologico - e di questo hanno forse patito i Flower Flash e gli Psyco Praxis, gruppi che hanno comunque dimostrato grande professionalità.
Iniziano i Flower Flash di Albenga, dopo una breve presentazione del tastierista Alberto Sgarlato. Non è molto il tempo a disposizione, per ovvi motivi di condivisione dello spazio disponibile, e nella mezz’ora stabilita presentano brani tratti dall’album "Duck in the box"
Due le novità, almeno per il sottoscritto: la presenza del cantante Daniel Elvstrom, che non avevo ancora sentito dal vivo, ed un rifacimento prog del tutto anomalo, peraltro affascinante, la riproposizione di “Una ragione di più”, brano siglato dal duo Vanoni-Reitano, una delle più belle canzoni mai scritte, ma sicuramente non ideologicamente accostabili, in linea di principio, al tema della serata. E invece l’arrangiamento e il nuovo ritmo imposto hanno cambiato la faccia - ma non la bellezza che è connaturata al brano - di un must senza tempo. Coraggio e soddisfazione per questi giovani savonesi:




A seguire una band assolutamente nuova, gli Psycho Praxis di Brescia, recente scoperta della BWR che ritaglia per loro la prima uscita ligure.
Andrea Calzoni, il cantante e flautista, racconta dal palco gli inizi musicali della band e l’avvicinamento al prog, avvenuto come spesso accade per merito di “encomiabili” genitori capaci di trasferire, anche, alternativi messaggi musicali.
Il genere è realmente vintage, un rock abbastanza “forte e preciso”, che ricorda a tratti il mondo dei Jethro Tull, non solo per l’utilizzo del flauto traverso, ma anche per l’aspetto visual, che riporta immediatamente al primo Anderson, ma è tipico per chi ama quel mondo appropriarsi istintivamente di alcune movenze del mitico Ian.
Poco più di mezz’ora di spettacolo non consente un giudizio completo, ma ciò che questi ragazzi hanno messo in mostra lascia ben sperare, perché il talento e le idee chiare non mancano, e i risultati non tarderanno ad arrivare:



E arriva il clou, cala momentaneamente il sipario mentre avviene l’ultimo cambio palco.
Martin Grice, antico Delirium, ospite della Maschera di Cera sia su disco che sul palco, racconta le sue impressioni e parla di futuro, mentre al di là della tenda Zuffanti e soci si preparano.
Pillole dal repertorio passato in attesa della lunga suite che racconta una possibilità evolutiva della storia iniziata quarant’anni fa da LE ORME, quella dei due mondi, Felona e Sorona.
Formazione consolidata (presentata nel video a seguire) con due ospiti, il Martin Grice già citato, al flauto e sax, e Laura Marsano alle chitarre.
Il mio giudizio sull’album - quindi su ciò che è aspetto “studio” -  è fruibile al seguente link:
Ciò che invece va in scena nelle rappresentazioni live è qualcos’altro … è l’incontro tra pubblico e artista, spesso condizionato da molteplici fattori, in un gioco del dare e avere che niente ha a che vedere con il potenziale tasso tecnico e comunicativo.  
Credo che un minimo di delusione e frustrazione (da partecipazione) ci sia stata, e la conseguenza poteva essere una sorta di demotivazione da palco, con l’aggiunta di una discreta responsabilità nei confronti delle due band “giovani”, che sicuramente guardano alla MDC come ad un punto un po’ lontano, ma modello sul cui percorso occorrerebbe fare opera di benchmarking.
Bene, tutto questo possibile damage non c’è stato, e il mestiere degli attori in campo è venuta fuori in toto.
Fabio Zuffanti, Alessandro Corvaglia e Maurizio Di Tollo sono un trio collaudato da differenti collaborazioni e l’affiatamento è risultato evidente. Molto apprezzato il “tocco” di Agostino Macor, tessitore instancabile di trame complicate che lui ha reso apparentemente semplici; un vero piacere vedere i duetti di flauto tra Andrea Monetti ed uno degli ospiti… il mito - come uomo e artista - Martin.
Impossibile non stabilire con lui un rapporto empatico, a pelle, e gli incontri con Grice, anche per chi non è particolarmente interessato alla musica, sono sempre fonte di estremo piacere.
Un piacere è stato anche il vederlo muoversi liberamente per il palco con sax e flauto, e ho immaginato Fabio Zuffanti  felice di questa collaborazione, in equilibrio tra live e studio.
Una bella sorpresa anche Laura Marsano, inattiva da molto tempo per i soliti problemi familiari che generalmente toccano molto le donne, e molto poco gli uomini. A fine concerto la incontro e fa un po’ di autocritica, ripensando alla normale ruggine da smaltire, ma a me è piaciuta e ho trovato enorme materiale tecnico e umano.
Un plauso anche al grande lavoro dei tecnici - Alessandro Mazzitelli e Rox Villa - “gestori” di una situazione non certo semplice.
Presto sarà realizzato il DVD dell’evento e sarà quello il momento giusto per rimediare alla mancata partecipazione alla serata, e penso che la rivisitazione, a distanza di tempo, potrà trasmettere nuovo piacere anche a chi era presente.

martedì 22 gennaio 2013

La Maschera Di Cera-“Le Porte Del Domani”


Le Porte Del Domani” è il nuovo album de La Maschera Di Cera, uno dei tanti progetti di Fabio Zuffanti che è il propositore di una intensa ancorché lucidissima azione musicale che appare a tratti trabordante.
Capiamoci, mettere in circolo materiale a raffica è ai giorni nostri cosa possibile, ma la qualità, la precisione, il coraggio di questo leader geniale (fuggo dal termine prog-man, assai riduttivo) ha qualcosa di sorprendente: da dove sgorgano copiose le idee? Come si raggiungono obiettivi diversi, perseguiti in modo parallelo?
Un paio di mesi fa, ad una precisa domanda legata alle news MDC, Fabio rispondeva dalle pagine di MAT2020:

… stiamo per varare un progetto molto importante, forse il più importante della nostra carriera, un nuovo album che sarà una sorta di summa del lavoro degli ultimi dieci anni e rappresenta il nostro totale - e forse definitivo - omaggio alla stagione dorata del prog italiano con la particolarità che del disco sarà disponibile un'edizione cantata in italiano e una in inglese, cosa mai sperimentata prima dalla MDC, ma che ci ha dato grandi soddisfazioni”.

Il coraggio, come scrivevo poc’anzi, non è certo mancato.
Fornire un “omaggio alla stagione dorata del prog italiano” significa nello specifico riprendere in mano un capolavoro del passato, quel “Felona e Sorona” che compie giusto 40 anni, creazione de LE ORME, il cui valore trovò una sorprendente consacrazione internazionale.
Quali le motivazioni di questo follow up? Azzardo, al di là delle affermazioni ufficiali:
omaggio al prog e a una band seminale, punto di riferimento per generazioni di musicisti( e ascoltatori); desiderio di proporsi come prosecutori di un filone che, pur rinnovato, tiene ben saldo il legame col passato; nostalgia, sfida (nel senso del mettersi alla prova) e piena coscienza delle proprie capacità.
Esiste poi il bisogno di chiudere il cerchio, di trovare un finale alla storia dei due mondi, Felona e Sorona, lasciata incompiuta, una saga che mette in scena l’eterno scontro tra il bene e il male, che ne Le Porte Del Domani” trova la perfetta conclusione, il raggiungimento della luce alla fine di un lungo tunnel buio.
Un iter drammaticamente attuale, con culture in perenne lotta, con amori contrastati, con solitudine e infelicità, con l’universo femminile come guida autorevole verso la saggezza, e con un Dio… umano e comprensivo.
Anche la copertina ha un forte link con l’album de LE ORME, essendo stata curata da Lanfranco, il pittore che creò il dipinto originale di “Felona e Sorona” e che ha messo a disposizione della MDC la sua opera del 1968 “Gli amanti del sogno”.
 “Le Porte Del Domani”, pubblicato da  AMS Records/BTF è anche estremamente completo dal punto di vista del pacchetto editoriale: CD in italiano, in inglese,  LP, e in più uno speciale box contenente la litografia su plexiglass del dipinto e tutte le versioni di CD e LP.
L’utilizzo della doppia lingua mi ha permesso di fare un’esperienza nuovissima, ovvero l’ascolto comparato delle due versioni della suite da quarantacinque minuti, suddivisa in nove capitoli. Tra gli intenti della band, la ricerca dell’equilibrio tra suoni che dovevano profumare di passato, ma con una veste decisamente moderna: risultato pienamente raggiunto, e occorre dire che gli Hilary Studio di Rox Villa sono ormai un luogo sacro e collaudato, soprattutto per quanto riguarda il mondo prog.


Il doppio ascolto dicevo. Ogni tanto mi piacerebbe parlare della musica di Zuffanti con il massimo rigore possibile, alla ricerca di angoli bui, perché da critiche costruttive nascono opportunità di miglioramento, ma … mi riesce difficile. Nel mio giudizio non entra l’amore per il genere musicale, ma sono colpito dalla qualità - e quantità - di idee, tutte di forte impatto emozionale. L’istinto ha per me un ruolo primario, e afferrare il percorso vocale di Alessandro Corvaglia mentre viene “investito” dagli archi può portare a spasso nel tempo, seguendo coordinate spaziali e temporali ormai lontane, ma terribilmente attuali.
Ho accennato al vocalist perché nel corso dell’ascolto non ho risolto il dilemma della lingua:  se da un alto la versione italiana permette di comprendere al volo i dettagli delle liriche, il cantato inglese ha un fascino unico, quello che mi ha portato ad innamorarmi di band straniere quando ero un adolescente e di inglese sapevo ben poco.
Alternare l’ascolto può essere un buon compromesso.
Ma un album come “Le Porte Del Domani” non può nascere senza reale lavoro di squadra e oltre ai due già nominati, Zuffanti e Corvaglia, occorre evidenziare l’importanza delle tastiere di Agostino Macor - coautore di un brano, il gioco ritmico di Mau Di Tollo -  coautore dei testi - e i passaggi eleganti e misurati del flauto di Andrea Monetti.
Un’altra segnalazione d’obbligo quella relativa alle partecipazioni di Martin Grice, flauto e sax, e di Laura Marsano alla chitarra solista.
Un tuffo nel passato ed uno sguardo al futuro, con la speranza che il lieto fine auspicato  ne “Le Porte Del Domani” sia uno stimolo alla riflessione e all’azione positiva… la musica ha anche questo potere.

E crollano ogni odio ed egoismo
Nella quiete che ritorna
Tutto quanto trova la sua pace
I due pianeti brillano nel cielo
E’ nato l’Uomo Nuovo alle porte del Domani




LA MASCHERA DI CERA

Alessandro Corvaglia: Voce solista, chitarra
Maurizio Di Tollo: Batteria, cori
Agostino Macor: Tastiere
Andrea Monetti: Flauto
Fabio Zuffanti: Basso


Info: 

mercoledì 19 dicembre 2012

"The rime of the ancient mariner" al Teatro Verdi


Era il mese di maggio quando l’ultimo progetto di Fabio Zuffanti veniva presentato ufficialmente a Savona.
HÖSTSONATEN - The rime of the ancient mariner, Charter One, nasce molti anni prima, ma per la maturazione perfetta occorre sempre aspettare il momento giusto, e quando si parla di qualità e di ricerca della perfezione il fattore tempo è solo uno dei tanti aspetti con cui occorre fare i conti, ma non il più importante.
Qualche mese fa raccontavo così il mio sentimento post ascolto:


Il 16 dicembre, The rime…” è diventato ancora qualcosa di diverso, un contenitore di cui essere orgogliosi, e oggi ha trovato ulteriore conferma quella mia affermazione che evidenziava l’importanza di nascere al posto giusto nel momento giusto, tesa a sottolineare cosa avrebbe potuto suscitare un’ opera teatrale simile  - perché è questa l’evoluzione - se fosse stata messa in scena quarant'anni fa.
La location scelta per il debutto è il Teatro Verdi di Sestri Ponente, Genova, spazio che fa registrare un grande numero di presenti, non solo provenienti dal mondo del prog. E in effetti lo spettacolo non aveva i presupposti dell’elitarietà, essendo riassunto di arti differenti: musica, canto, danza, recitazione, immagini e colori, il tutto sotto l’attenta regia di Susanna Tagliapietra.
Band schierata in buona verticalità, per fornire ampio spazio ai tredici ballerini  -  e quattro vocalist - con l’unica eccezione, Luca Scherani, mago delle tastiere, posizionato a fondo palco.
Ma le magie colorate di vintage di Scherani hanno avuto un buon ausilio in termini di sezione archi/fiati per merito del flauto di Joanne Roan e del violino di Sylvia Trabucco, protagoniste in punta di piedi.
Sezione ritmica composta da Zuffanti e Mau Di Tollo, con Simone Ritorto alla chitarra elettrica.
Caratteristica dell’opera è l’utilizzo di quattro differenti vocalist che aiutano nella presentazione dei  quattro momenti narrativi.
Alessandro Corvaglia, Marco DogliottiGiammarco Farnè e Simona Angioloni,
The rime of the ancient mariner” è la trasposizione musicale del poema di Samuel Taylor Coleridge, e molto sarebbe andato perso se non fosse intervenuta una sorta di narrazione in lingua italiana, legame tra i vari blocchi musicali. Ma il canto in lingua inglese era d'obbligo.
Tutto è sembrato perfetto, emozionante, sintesi di ciò che si vorrebbe sempre vedere on stage, e per lunghi attimi mi è parso di tornare indietro nel tempo… potere della musica!




Inutile sottolineare i meriti del singolo, perché è il team teatrale che ha funzionato, e la soddisfazione dipinta sul volto di Fabio Zuffanti, a fine spettacolo, era la somma di mille sfaccettature, non tutte dichiarabili.

Le mie personali riflessioni mi hanno portato nel campo dell’educazione: ogni scuola che si rispetti dovrebbe avere la possibilità di vedere eventi del genere, comparandoli e decidendo se è bene sondare se esistono alternative al quotidiano.
Ho anche pensato che “The rime…” dovrebbe essere itinerante, pur essendo conscio delle difficoltà realizzative.
Mi sono poi chiesto se l’album” The rime…”, dopo un risultato simile, possa essere proposto come concerto a se stante, rinunciando a tutto ciò che al Verdi si è dimostrato essenziale.
Per questi piccoli-grandi quesiti esisteranno già alcune risposte e quindi attendiamo fiduciosi.
Grande spettacolo, e grande contributo tecnico da parte di Alessandro Mazzitelli e Rox Villa.

Poco prima dell’inizio del concerto, mentre ero in coda in biglietteria, un uomo anziano si è avvicinato al botteghino e ha chiesto quale film andasse in onda nel pomeriggio. Delusione sul suo volto alla scoperta che nessun movie sarebbe stato proiettato. Peccato, con un po’ più di coraggio avrebbe vissuto attimi indimenticabili… 
Fotografie di Enrico Rolandi

venerdì 9 novembre 2012

Incontro con Fabio Zuffanti


Articolo tratto da MAT2020 di gennaio 2013

Incontro con Fabio Zuffanti

Iperattività non significa automaticamente efficacia… molteplicità di progetti non è garanzia di qualità… critica ad un sistema in cui si è scelto di navigare per la vita sembrerebbe poco saggio. Chissà quanti nemici si è fatto Fabio Zuffanti nell’ultimo quadrimestre! E chissà quanti amici si è fatto!
Non voglio in questa sede parlare del suo book di denuncia “o Casta Musica”, su quell’argomento mi sono pubblicamente espresso a caldo, ventiquattrore dopo averlo letto, replicando poi in occasioni successive. Però, conoscendo a poco a poco Fabio, mi sono fatto l’idea che ogni sei mesi occorrerebbe … interrogarlo, e certamente salterebbero fuori cose che all’appuntamento precedente non esistevano minimante, e  inoltre  molto diverse tra loro, in bilico tra Maschera di Cera, Finisterre, Hostsonaten… e chissà cos’altro.
Mi sono innamorato di “The Rime…”, e spero vivamente di poter essere presente il 16 dicembre alla rappresentazione live, al Teatro Verdi di Genova. Ma  Hostsonaten è solo una delle tante facce di Fabio Zuffanti, inventore di nuove situazioni in ristretti spazi temporali.
A Fabio sta stretta la nicchia, ma vive di prog, che quasi autocelebra la propria dimensione di elite. Io sono realmente convinto che lo sforzo da compiere sia quello di trovare la giusta direzione ed un  mezzo adatto alla diffusione, e una volta trovate queste condizioni, al cospetto di certa musica, i giovani sensibili, che probabilmente sono la maggioranza, potrebbe riconsiderare il loro contenitore musicale, immaginandolo pieno di tante cose, tutte interessanti, da utilizzare in momenti diversi, a seconda dello stato d’animo. Discorso lungo, certamente non retorico, e MAT2020 viaggia in quella direzione.
Ma facciamo il punto con Fabio…

Ci siamo lasciati sul palco in Val Curone, a fine luglio scorso, parlando del tuo book di denuncia, “O Casta Musica”. Me ne racconti l’evoluzione, sia dal punto di vista dei commenti che da quello delle vendite?
Il libro è uscito nelle librerie solo da poche settimane quindi forse è ancora un po' prematuro tirare le somme, sopratutto a livello di vendite (anche se le prime 100 copie in anteprima messe in vendita lo scorso Giugno si sono volatilizzate in poco tempo). Posso però dire che almeno l'80% delle recensioni fin qui uscite è più che ottimo, che ci sono chiaramente alcune lecite critiche e che attendo le varie presentazioni che l'editore sta cercando di organizzare in giro per l'Italia per tastare il polso della situazione e capire se i miei discorsi hanno suscitato riflessioni positive o solo fastidio.

Torno ancora un attimo al passato. Era il mese di maggio quando presentammo assieme il tuo ultimo progetto “Hostsonaten”, l’album “The Rime of the Ancient Mariner”. Che tipo di impatto ha avuto sul pubblico?
Il cd è stato un grande successo, a livello di vendite e critica. “The rime of the ancient mariner” è un disco d'impatto che contiene molte bellissime voci, una musica dalla forte componente emotiva e probabilmente ha un suo particolare appeal anche a livello “commerciale” (se è lecito usare tale termine nel mondo del rock progressivo). A parte i riscontri io sono più che soddisfatto e felice della scelta intrapresa; credo che un altro disco strumentale “modello 4 stagioni” non avrebbe rappresentato nessuna evoluzione. In questo modo invece ho fatto un passo indietro (come sai la prima versione di due pezzi di “The rime...” risale a metà anni novanta)  per compierne due in avanti, a tutti i livelli. Realizzato il disco avevo un gran voglia di portalo dal vivo ma invece di lanciarmi in situazioni (tipo locali et similia) che poco avrebbero avuto a che fare con l'impatto e la teatralità che il lavoro richiede ho preferito attendere un attimo ulteriori sviluppi e per intanto concentrarmi su una serie di presentazioni in semi-acustico di parte del lavoro. Abbiamo realizzato quindi tre di questi showcase a Savona, Genova e Milano con ottimi risultati.

Mi parli del concerto del prossimo 16 dicembre, targato “Hostsonaten”,  e del progetto DVD?
Come ti ho appena detto ho preferito non lanciarmi in concerti veri e propri e attendere la giusta situazione per presentare “The rime...” in una veste adeguata. L'occasione è arrivata tramite Susanna Tagliapietra, regista teatrale genovese impegnata spesso in musical di successo (Aida, Jesus Christ Superstar, ecc...) che conosco da anni ma con la quale non era mai capitato di potere collaborare. L'occasione di “The rime...” ha fornito lo spunto per mettersi a tavolino e cercare insieme un incontro tra la musica e il teatro nella rappresentazione dell'opera poetica di Coleridge. Tramite Susanna abbiamo proposto il lavoro a un ottimo teatro genovese (il Verdi di Sestri Ponente) che ha gradito il progetto e lo ha messo in cartellone per il prossimo 16 dicembre (qui si può vedere la pagina del teatro dedicata a “The rime....”: http://www.teatroverdigenova.it/teatro/stagione/tutta-la-stagione/23-musical/141-t-m). In queste settimane stiamo allestendo quindi il tutto e Il 16 dicembre alle ore 16 lo proporremo con musica dal vivo, videoproiezioni, scenografie, danza e teatro. Il disco sarà inoltre in alcune parti riarrangiato e arricchito di nuovi interventi musicali. Sono molto emozionato dalla cosa e spero che il pubblico ci supporti riempiendo il teatro. Dopo “Merlin – The rock opera” del 2000 avevo voglia di misurarmi con un nuovo progetto musical-teatrale e lo spunto è stato quello giusto. A differenza di “Merlin”, del quale sfortunatamente non esistono filmati professionali (mio grande cruccio al quale un giorno vorrei rimediare), in questo caso mi sono attrezzato da subito perché la rappresentazione (per ora unica, per il  futuro vedremo se ci saranno proposte) sia ripresa professionalmente e registrata per far si che dalla serata possa scaturire un DVD ufficiale.

Tra le tue molteplici attività, che conduci in parallelo, ce n’è una importante  relativa a “La Maschera di Cera”. Pare ci siano grosse novità in proposito. Mi racconti qualcosa?
Beh, sì, per quello che riguarda MDC stiamo per varare un progetto molto importante, forse il più importante della nostra carriera. Purtroppo al momento non posso fornire maggiori dettagli, ma il nuovo album sarà una sorta di summa del lavoro degli ultimi dieci anni e rappresenta il nostro totale - e forse definitivo - omaggio alla stagione dorata del prog italiano. L'unica particolarità che posso anticiparti è che del disco sarà disponibile un'edizione cantata in italiano e una in inglese, cosa mai sperimentata prima dalla MDC, ma che ci ha dato grandi soddisfazioni.

All’interno del tuo sito si evidenzia un  coinvolgimento come direttore artistico della Mirror Records, me ne puoi parlare?
Mirror è parte del gruppo di etichette facenti capo a BTF e fin'ora si è occupata di ristampare alcuni cd che vedono il mio coinvolgimento (Hostsonaten “Mirrorgames” e i primi tre MDC). All'inizio di quest'anno ho ricevuto da BTF la proposta di occuparmi di Mirror anche in virtù di produzioni di nuove band. Il mio coinvolgimento è nelle vesti di direttore artistico, ovvero colui che segue un gruppo sin dal demo che mi viene proposto e che successivamente in studio di registrazione impartisce direttive nelle scelte dei suoni, del mix e della produzione generale. Non sono un direttore artistico al quale piace stravolgere le strutture delle canzoni, piuttosto mi piace indirizzare i gruppi nella scelta delle atmosfere, evidenziando poi in fase di missaggio le cose che credo sia giusto vengano a galla. Ho notato negli ultimi anni una gran quantità di prog un po' fine a se stesso, senza reali guizzi, inventiva o semplicemente elementi che possano solleticare realmente le emozioni dell'ascoltatore. Nelle produzioni Mirror cerco di fare uscire dai gruppi tali elementi per far si che il disco possa essere completo, interessante e sopratutto emozionante. Non solo un coacervo di cambi di tempo senza capo ne coda. Per il resto il mio collaboratore Rox Villa nello studio Hilary di Genova si occupa di fornire la giusta qualità di registrazione (oltre a molti suggerimenti “tecnici”) per confezionare al meglio il tutto. Le prime due produzioni Mirror saranno il disco di Oxhuitza, progetto del chitarrista Luca Bassignani che propone una sorta di prog-psichedelico-zappiano con influenze fusion e gli Unreal City (che entreranno in studio a gennaio), fautori di un prog sinfonico “alla vecchia maniera” pieno di spunti interessanti. Sottolineo una cosa per concludere, sono ben lieto di ricevere da chiunque del materiale da ascoltare e valutare ma il mio scopo con Mirror è la produzione di gruppi che vogliano realizzare con il mio (e di Rox) aiuto il disco da zero, non band che mi propongano un lavoro finito e da pubblicare. Per quello il mio consiglio è di rivolgersi ad altre etichette, tutti gli altri possono inviare info e links a mirror@zuffantiprojects.com

Pochi giorni fa abbiamo assistito ad una significativa celebrazione dei Genesis, a Genova, con la presenza di Steve Hackett, e con concerto finale dei Real Dreams del tuo amico Alessandro Corvaglia, che hanno riproposto la vecchia “scaletta Genesis” di 40° anni fa, suscitando un certo entusiasmo. Conoscendo il tuo pensiero sulle cover band ti chiedo… ci sono occasioni - come quella di Genova -  in cui un tributo può assolvere con efficacia a un preciso compito assegnato?
Ripeto quello che ho detto qualche giorno fa in un'altra intervista; è vero che in generale sono contrario a questo tipo di espressione musicale ma ci sono cover band e cover band. Un conto è riproporre il repertorio di Vasco o Ligabue, per il quale bastano e avanzano gli originali, un conto è fare opera di riscoperta ed “educazione musicale” tramite la musica di gruppi che per un motivo o l'altro non sono più in attività. Ben vengano quindi situazioni come quella di Genova (alla quale ero presente). Certo, se devo proprio dirla tutta, vedere il teatro strapieno mentre ai concerti di tanti validi nuovi gruppi prog troviamo 50 persone al massimo mi ha messo un poco tristezza. Se tutta la gente che accorre in ogni luogo si pronunci la parola “Genesis” avesse voglia di seguire anche il gran numero di gruppi che continua il discorso del rock progressivo magari le cose sarebbero diverse. Concludo facendo i miei più sentiti complimenti agli organizzatori che ha messo su un tam-tam promozionale molto professionale ed efficace, sperando che in futuro abbiano voglia, con le stese armi pubblicitarie, di organizzare anche eventi meno basati su cover e omaggi.

Partendo dalla tua condivisibile posizione sviscerata in “O Casta…”, ti sembra che ci siano margini per vedere un mondo musicale che lentamente cambia, dando più spazio alla qualità e meno all’apparenza/appartenenza
Non è semplice, e non solo per questione di discografici, stampa, radio e tv. Il problema è più profondo ed è nelle persone. Le stesse che magari vanno a vedere un tributo e poi se ne fregano di tutta la “nuova” ondata progressiva italiana, come dicevamo prima. Le persone ormai sono assuefatte a considerare importanti di deafult solo certi gruppi, che magari ascoltavano da giovani oppure hanno sentito per anni alla radio, e se ne fregano bellamente di andare a cercare qualcosa di diverso. Questo è lo strapotere pazzesco che determinano radio e tv. Tutto il grande movimento prog dei primi anni settanta è diventato così importante in Italia anche perché le poche radio passavano in continuazione LP interi di formazioni appartenenti al genere, chiaro che così conquisti il cuore della gente. Ma per le formazioni attuali come si fa? Come si fa a entrare nel cuore della gente? E non parlo di massa che ascolta Vasco, parlo semplicemente di quei 300 che riempiono il teatro per vedere Steve Hackett. Radio e tv passano solo la solita roba, internet non è ancora così potente quindi non se ne esce. Molto fastidioso l'atteggiamento di chi dice che devi essere fiero di fare parte di una nicchia, col cavolo! Io vorrei cercare di fare in modo che la mia musica diventasse importante quanto quella del passato, se me ne danno la possibilità. Dove è scritto che solo dal 1969 al '74 il prog debba avere avuto il suo momento di fortuna? Perché le cose non possono tornare? Chi dice che ormai è una moda passata non ha capito nulla e ha una mentalità limitata alla porzione di tempo nel quale vive. Ma per fortuna nel il nostro pianeta tante cose sono arrivate, sparite, tornate, anche a distanza di molto tempo. E ancora tantissime cose devono cambiare o tornare, non c'è nulla di assoluto o immodificabile. In base a questo ragionamento nulla vieta che un giorno il prog non ritorni alla ribalta seriamente ma ci vorrà opera di diffusone da parte dei media e una mentalità aperta da parte del pubblico per capire che il prog non è si è fermato agli anni settanta e di compositori bravi quanto e magari anche più di Tony Banks ce ne sono ancora in giro e tanti altri ne possono nascere.

Analizza la tua storia musicale, dalle origini ad oggi, e disegna un diagramma delle soddisfazioni … quale il picco più alto e quale il momento di massima caduta?
Se diagramma deve essere io lo vedo come una linea che partendo da zero (e per zero identifico il 1994, anno di uscita del primo Finisterre) si sposta lentamente, con fatica ma inesorabilmente verso l'alto. Questo per dire che ogni giorno mi riserva soddisfazioni in più rispetto al giorno prima. Credo di avere compiuto un cammino, di avere imparato molte cose e che quindi le soddisfazioni si facciano più concrete anno dopo anno. Tra il 2011 e il 2012, tanto per parlare di “picco più alto”, ho completato la tetralogia delle stagioni che avevo iniziato nel 2002, è uscito il mio album solo “La foce del ladrone” che mi ha fatto conoscere anche presso un pubblico non strettamente prog, alcune mie musiche sono finite in spot e in trasmissioni televisive, è uscito “The rime...” che considero una delle mie vette e che ora sta per debuttare in teatro, “Ombra della sera”, bellissimo esperimento in compagnia di Mau di Tollo e Ago Macor, il mio primo libro, che per quanto tutt'altro che perfetto ha gettato un sasso ponendo domande che molti avevano smesso di porsi, ho assunto le vesti di direttore artistico di un'etichetta, sta per uscire il nuovo MDC che reputo una bomba assoluta a tutti i livelli... Se vogliamo parlare di “picchi bassi” dobbiamo andare molto indietro, giusto all'inizio del diagramma, negli anni tra il 1994 e il 1998, quando ho realizzato, con Finisterre e Hostsonaten, una serie di dischi che, per quanto tutt'ora molto apprezzati, continuano a non soddisfarmi a livello di impatto sonoro. Sono infatti molto attento alla qualità della registrazione dei lavori nei quali sono coinvolto e quei primi dischi purtroppo non riesco più ad ascoltarli tanto è il male che mi fanno alle orecchie.

Un paio di mesi fa, un importante musicista della scena genovese, stabilmente nella capitale da molti anni, mi raccontava come sia davvero difficile lavorare a Genova, di come sia a volte impossibile trovare la chiave di accesso per aprire delle porte che in altri luoghi appaiono aperte. E’ davvero così complicato vivere di musica nella tua città?
Vivo a Genova dalla nascita quindi onestamente non sarei in grado di dire se altrove la situazione è migliore. Certo, Genova è un città difficile da molti punti di vista ma io ho imparato col tempo a “snobbarla” un po' come lei snobba me. Nel senso di non dare più di tanto peso al fatto di essere seguito, conosciuto o considerato a Genova ma muovermi, grazie sopratutto a internet, cercando spazi altrove. Infatti paradossalmente – ma questo capita a tutti i musicisti della mia area – sono più conosciuto a Tokyo che non nella mia città. C'è da dire comunque che la stima nei miei confronti da parte dei miei concittadini non manca, che conosco molte persone che svolgono una bella attività di promozione concerti e che quando suono dalle mie parti e non posso dire di trovarmi male. L'unica cosa che manca è magari un poco di attenzione in più, non tanto per me ma più che altro per situazioni che esulano dal solito cantautorame (che comunque non è che se la passi molto meglio del prog al momento) o dalle cover e tributi. Detto ciò io amo la mia città, amo perdermi nelle sue atmosfere e nei suoi luoghi incantevoli; tutti i riconoscimenti del caso se devono venire verranno altrimenti vivrò bene lo stesso.

La descrizione dei tuoi progetti sembrerebbe annullare la mia solita domanda relativa al futuro immediato, ma… esiste qualcosa di “enorme”, il vero sogno nel cassetto, che un giorno vorresti realizzare?
In tempi recenti sto vivendo in maniera un poco più rilassata ma ho passato gli ultimi dieci anni pensando quasi unicamente a lavorare alla mia musica, mentre tante persone mi dicevano puntualmente… “beato te che nella vita non fai un tubo!”. Zitto, a testa bassa e concentrato. Con pochissimi soldi in tasca, componendo quasi ogni giorno, facendo dischi su dischi, da solo o in gruppo, lavorando in studio o davanti al computer per giornate intere. Cercando contatti, mandando miliardi di email e stando ore in coda alla posta per spedire tonnellate di pacchettini con cdr e curriculum a giornali, musicisti, addetti ai lavori e chi più ne ha più ne metta. In tutto questo tempo ho seguito tre direttive principali: 1. MAI lamentarsi 2. Credere SEMPRE nelle proprie possibilità 3. Cercare di sopravvivere. Tutto questo per dirti che non sto aspettando nulla di “enorme”, l'enormità per me è cercare ogni giorno di andare avanti facendo musica. Tutto quello che di positivo può venire da questo verrà di conseguenza, se la linea del diagramma continua a salire.



giovedì 5 luglio 2012

Presentazione di "O Casta Musica" in Val Curone



All’interno del  Val Curone Music Festival, manifestazione di cui parlerò in altro post, si è trovato spazio per la presentazione del libro di Fabio Zuffanti  “O Casta Musica”, in uscita ufficiale a settembre, ma già presente sul mercato con cento copie promozionali.
Le mie considerazioni del post lettura sono visibili al seguente link:


Un’ora e mezza di esposizione, con interventi del pubblico e degli addetti ai lavori, hanno stimolato le riflessioni tra persone che non possono che condividere in larga parte il contenuto del book, ma lo sforzo che occorre fare - e può essere questo il sunto della discussione - è quello di pubblicizzare e diffondere il più capillarmente possibile l’oggettività della situazione relativa alla musica in Italia, nella speranza che tante piccole azioni singole possano perorare la causa del cambiamento culturale di cui tutti abbiamo bisogno.

Uno stralcio dell’esposizione… assolata.


venerdì 18 maggio 2012

Presentazione “ The Rime of ancient mariner”



Domenica 13 maggio ha avuto inizio la serie di presentazioni del nuovo progetto di Fabio Zuffanti/ HOSTSONATEN,  The Rime of ancient mariner”, trasposizione musicale del poema scritto da Samuel Taylor Coleridge.
Luogo scelto per lo start up, il savonese Van Der Graaf  Pub di Fabrizio Cruciani.
Per sapere qualcosa in più dell’album è possibile consultare il sito ufficiale di Fabio e una pagina contenente un mio precedente giudizio:



Il commento finale di Zuffanti semplifica la serata: “ Non molti spettatori, ma buonissimi!”.  Il “non molti” è caratteristico, purtroppo, delle cose che riguardano la musica di qualità, ma l’occasione meritava davvero e alla fine era palese la soddisfazione di tutti, musicisti e spettatori.
L’incontro nasce come mix tra musica e parole, con domande/risposte intervallate da interventi musicali per un totale di circa un’ ora.
La parte finale del locale è stata nell’occasione trasformata in palco, con lo schieramento di  un set di strumenti che hanno permesso una sorta di esibizione elettroacustica: la tastiera di Alessandro Corvaglia, il basso di Zuffanti, la chitarra acustica di Simone Ritorto, il microfono per i differenti cantanti  e per il narratore Carlo Carnevali.
The rime Chapter One” prevede la presenza di quattro vocalist, e tre di loro si sono esibiti al VDG: Alessandro Corvaglia, Marco Snao Dogliotti e Simona Angioloni. Voci molto differenti tra loro ma incredibilmente belle, e con una grande resa all’interno di un set sulla carta minore rispetto all’originale, ma di forte impatto.
Il pubblico ha sottolineato ad ogni passaggio un notevole gradimento, arrivando ad unirsi ad un coro ufficiale, di facile presa.
Significativo anche l’interesse generale e l’interattività, con Alberto Sgarlato che, in prima fila, ha sciorinato un paio di domande interessanti, alternandosi  al conduttore ufficiale della serata.
Trovo che l’aspetto didascalico fornito dalle parole di chi ha creato e successivamente proposto sia estremamente interessante, e penso debba essere una strada da perseguire anche sul palco, in fase di reale concerto… a volte qualche semplice parola può dare informazioni interessanti per chi vive la musica con passione.
Come sottolineavo, grande resa musicale in un piccolo spazio.
L’obiettivo a medio termine è ovviamente quello di presentare la sontuosa opera per intero, su di un palco maggiore, ma non penso sia da abbandonare l’idea del set acustico e ristretto, anzi, andrebbe aumentato il tempo di performance perché è una formula che, con una  preparazione minima, garantisce un risultato notevole.
Alla fine il bis è arrivato in via naturale, e poi un altro, e poi un altro ancora.

Ma la voglia di proseguire la serata era palpabile e il compito di “guidare” è stato affidato a Corvaglia che ha tirato fuori dal cilindro una trepassiana “The Knife”, assieme a  Zuffanti, per poi passare al “suo”-e non solo “suo”- capolavoro prog, “And you and I” dei sempre amati YES.

“The rime”  è davvero un gran disco, e ascoltarlo in un contesto … familiare, a mio avviso ha esaltato certi dettagli che solo la performance live può regalare, e poco importa il luogo e la sua dimensione.
Ma sono certo che arriverà anche il momento in cui HOSTSONATEN riuscirà a proporre l’intera opera con il gruppo al completo, e se tanto mi da tanto… non mancheranno le emozioni.

A seguire un’esemplificazione filmata del mio pensiero sulla serata e su HOSTSONATEN.

mercoledì 9 maggio 2012

Concerti a Cicagna (Finisterre Tempio delle Clessidre)


FOTO DI ENRICO ROLANDI( cliccare sulle immagini per ingrandire)



Non conosco il paese di Cicagna, in Val Fontanabuona, nell’entroterra genovese, ma ora almeno  so che esiste un bellissimo teatro con oltre 330 comodi posti ( Teatro di Cicagna), utilizzato per le manifestazioni più disparate, con un focus sull’elemento teatrale:

Un lavoro intenso e quotidiano, non senza alcune delusioni legate al rapporto impegno/presenze, situazione che si può sopportare solo grazie ad un’enorme passione dello staff tecnico del teatro che, con estrema tenacia, propone cultura e arte, in forme differenti.
Tra le tanti rappresentazioni artistiche c’è ovviamente la musica, uno degli amori di Sergio ed Enza, rispettivamente Direttore Organizzativo e Artistico.
Seguendo quindi questo impulso, sabato 5 maggio si è potuto assistere ad un doppio concerto, Finisterre e Tempio delle Clessidre.
Un centinaio di persone rappresentano sempre un buon pubblico, di questi tempi, anche se il nome degli artisti on stage, la qualità -e la quantità- della proposta, autorizzavano a sperare in qualcosa di più … sostanzioso. Ma questa amara considerazione vale ormai per ogni luogo e per ogni musicista che sia portatore onesto di “musica sana”. 
Aprono i Finisterre, che non avevo mai avuto la possibilità di vedere dal vivo. 
Conosco personalmente Fabio Zuffanti, bassista/compositore dalle mille idee, garanzia di originalità e di impegno musicale, ed è stato piacevole scoprire questo lato live di un progetto che, nato nel lontano ’94, è tornato a galla lo scorso anno dopo una pausa significativa. A questo proposito, diceva Fabio poco tempo fa: “ … Suonare dal vivo in questi anni è diventato sempre più difficile e i Finisterre hanno risentito di ciò perdendo un po’ quella linfa vitale che permette ad un gruppo di musicisti di lavorare insieme…”.
La “linfa vitale” è stata ritrovata, almeno a giudicare da ciò che ho visto ed ascoltato.
Sul palco un sestetto (doppio tastierista-pianoforte, tastiere e synt-, percussionista, oltre a chitarra, basso e batteria) che ha riproposto frammenti di storia, dalle origini ai lavori più recenti.
Composizioni molto articolate con repentine  variazione di tempi e di  atmosfere, in alcuni casi vere mini suite basate sui tappeti di note realizzati da Boris Valle e Agostino Macor, e sulla versatilità e potenza della sezione ritmica.
Non conosco per esteso la discografia di Finisterre (ma dopo questo concerto credo sarà obbligatorio aggiornarsi…) e mi sono quindi trovato di fronte a relative novità    ( e spesso i brani vanno riascoltati più volte prima di essere assimilati), ma ciò che ho ascoltato mi ha sorpreso per gusto e freschezza, e ho apprezzato la difficoltà –e il risultato- dell’ “assemblaggio” di trame a mio giudizio molto complicate.
Il pubblico ha sottolineato per tutta la performance il proprio gradimento, arrivando all’apice, nel finale, quando il bravo Stefano Marelli ha accennato all’assolo chitarristico di Hackett in Firth of Fifth.

A seguire qualche minuto di performance… ma per ogni info visitare il sito:





E venne il momento del Tempio delle Clessidre
E’ il gruppo del momento in ambito prog, reduce da un passaggio in oriente e prossimo a un obiettivo importante, quello di suonare negli Stati Uniti.
Seguo il “Tempio…”  sin dagli esordi ed ogni volta che assisto ad una loro performance trovo solo conferme. Energia allo stato puro, originalità, miscela di rock e classico, teatralità e un utilizzo del prog seminale di  cui è portavoce Lupo Galifi, il vocalist che garantisce la corretta liason con gli anni ’70.
Elisa Montaldo sta crescendo con rapidità, e in questo caso parlo di crescita generale di una musicista, che non riguarda quindi solo skills specifiche.
Perfetto l’affiatamento del resto della band, e ho visto talmente tanta coesione da inserire nella sezione ritmica ( non é ovviamente corretto ma serve a fornire l’immagine che arriva dal palco), oltre a Fabio Gremo (basso) e Paolo Tixi (batteria), anche il bravo Giulio Canepa, chitarrista di estrazione classica ma ormai votato al rock.
Il Tempio delle Clessidre ha presentato brani dall’album omonimo, ma anche alcune novità che faranno parte del prossimo lavoro in studio: a fine post propongo un “riassunto” di, solo, un paio di minuti, accogliendo la naturale richiesta del gruppo di non diffondere in rete spezzoni significativi prima del viaggio oltre oceano.
La cosa che personalmente mi colpisce è -lo sottolineo ancora- l’energia, che immersa in un’ambientazione classica, sognante e misteriosa, produce un tipo di musica di forte impatto.
Molto bella anche la coesistenza di suoni, messaggi e gestualità, in evidenza quando, indossate le maschere, si è chiesto al pubblico di lasciarsi andare per cercare le emozioni nel susseguirsi delle note, senza  alcuna  “lettura” dei  volti impegnati sul palco.
Un bella serata di musica, con tutti i distinguo del caso, già sottolineati ad inizio post. Che dire ancora … chi ha mancato l’appuntamento ha perso una buona occasione per una serata da ricordare… in attesa che qualcosa possa cambiare.


News sul Tempio…